da ANNE DUFOURMANTELLE*
Rimandare è la nostra nevrosi essenziale: pensare che la vita vera inizia domani e, nell'attesa, sopportare la tristezza, evitare di pensare, ignorare il presente
“Disimpara la malinconia e ogni tristezza, sia lodato lo spirito della tempesta, selvaggio, buono e libero, che danza sulle paludi e sulla tristezza come sui prati”
(Friedrich Nietzsche, la gaia scienza).
Non è questo l'amore al suo inizio? Una certa gioia. “Non bisogna mai rimandare alcuna gioia”, si legge in uno degli scritti conservati ad Ercolano.[I] Rimandare è la nostra nevrosi essenziale: pensare che la vita vera inizia domani e, nell'attesa, sopportare la tristezza, evitare di pensare, ignorare il presente.
In latino, gioia è Gaudia: così, "vibratore"[vibratore] viene da ciao ciao, mi rende felice, ci ricorda Pascal Quignard.[Ii] Dall'oggetto del piacere alla fonte di ogni voluttà, la gioia ci sfugge. Irriducibile al piacere e alla voluttà, la gioia si colloca nello stesso registro della paura della morte, molto più che un'emozione: un'esperienza esistenziale. Indubbiamente perché sentirsi vivi – interamente vivi – è raro.
La gioia è l'unica sensazione umana che ci completa. Alla domanda su quale sia lo scopo della vita, Seneca risponde: “Cibus sommus libido per hunc circulum curritur – fame, sonno, desiderio, questo è il cerchio che ci trascina”. Viviamo quasi permanentemente lontani da noi stessi, esausti, tormentati, assenti da noi stessi. “Tutti gli uomini si trasmettono le loro angosce come un’epidemia”, sottolinea Epicuro. L'ansia nasce quando il soggetto non vuole sapere di cosa soffre. Un sordo senso di colpa si insinua fino a bloccare ogni desiderio. Può la gioia liberarci dall’angoscia? Non sempre... a volte è doloroso liberarsi degli ostacoli. Rinunciare al sintomo equivale ad esporsi alla nuda vita.
I filosofi diffidano delle emozioni, sulle quali non si può fondare alcun universale. Come potrebbe la gioia illuminare la nostra condizione umana, per non parlare di prepararci a morire?! Possiamo però chiederci se la struttura stessa della coscienza sia la gioia. Dato che la coscienza è sempre coscienza di qualcosa, rivolta a qualcosa che va oltre sé stessi, e che la gioia è un'espansione dell'anima, un'espansione dell'essere fuori dai confini di sé [Moi]… Diciamo allora che “inonda” l'anima, il che la eleva; lei è pura informazione. In effetti, pochi filosofi, eccetto Spinoza, hanno veramente pensato alla vicinanza tra la gioia (l gioia trovatori) ed esultanza amorosa, anche mistica.
E se la gioia trovasse origine nel corpo e nella voce (come mondo, spazio, risonanza) della madre quando trasmette al neonato l'estasi segreta di un amore dove corpo e pensiero non sono separati? La capacità di trascendenza della gioia sarebbe questo punto vertiginoso di incontro, dentro di noi, con gli altri. E in questa acquiescenza c’è la disponibilità all’intelligenza e alla condivisione – in contrapposizione all’odio che polarizza l’altro come nemico esterno.
È senza dubbio l'infanzia quella che meglio accoglie la gioia, quando ogni evento è fonte di un'intensità quasi ipnotica. Perché sperimentare la gioia è abitare un presente puro. Accetta di essere trasportato fino alla perdita, ma senza violenza. Orfeo porta il suo canto per Euridice fino alle porte dell'inferno con l'ordine di “non tornare indietro!”: voltarsi significa rinchiudere l'altro in una sorta di fissazione, nel passato, nella nostalgia.
La gioia ci fa sentire quel momento in cui tutta la nostra vita, come diceva Friedrich Nietzsche, è approvata. Nel Confessioni, Sant'Agostino[Iii] dice in altro modo: “L’amore e la gioia sono travolgenti”. Tra la gioia e l'amore c'è lo spazio di un incontro, di un rapimento amoroso che ci fa esultare per aver finalmente trovato quest'altro, che ci attrae e ci trasforma, la cui sola presenza magnetizza e colora la realtà attorno ad un'intensità senza pari. “Oh, mio vecchio cuore: il dolore dice: 'Passa!'/ Ogni gioia vuole l'eternità di tutte le cose, o il miele, il lievito, una mezzanotte ebbra, o le tombe, o la consolazione delle lacrime sparse sulle tombe, vuole un rosso e tramonto d'oro. / Cosa non vuole la gioia? È più assetato, più cordiale, più affamato, più spaventoso, più segreto di ogni dolore”.[Iv]
*Anne Dufourmantelle (1964-2017) è stato psicoanalista e professore di filosofia presso European Graduate School. Autore, tra gli altri libri di Poteri di morbidezza (edizioni n-1). [https://amzn.to/41Bh7Pj]
Traduzione: Joao Paulo Ayub Fonseca
Capitolo "L’amour la joie” dal libro En cas d'amour – Psicopatologia della vita amorosa. [https://amzn.to/3BtTOft]
note:
[I] [NT] La città di Ercolano fu distrutta e sepolta dal vulcano Vesuvio nel 79 d.C., insieme alla vicina città di Pompei. La città fu sepolta da uno strato di cenere e lava alto circa 15 metri e i suoi abitanti non ebbero il tempo di fuggire. Ercolano fu riscoperta per caso nel 1709, durante lo scavo di un pozzo.
[Ii] Pasquale Quignard, Il sesso e l'effetto, Gallimard, 1996.
[Iii] Sant'Agostino, Les Aveux, Pol, 2007.
[Iv] Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Gallimard, Follio.
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