Un'estetica da clown in Perfect Days

Cornice/Divulgazione di Perfect Days
WhatsApp
Facebook
Twitter
Instagram
Telegram

da HERICK OLIVEIRA*

Considerazioni sul film diretto da Wim Wenders

“– Non puoi mostrare il lato buono e proclamare l’amore come un principio, invece di un’infinita amarezza?

– Esiste una sola espressione per la verità: il pensiero che nega l’ingiustizia. Se l’insistenza sui lati buoni non viene superata nel tutto negativo, trasfigurerà il suo opposto: la violenza.” (Max Horkheimer & Theodor Adorno, Dialettica dell'Illuminismo).

Em Giorni perfetti seguiamo la sequenza dei giorni della vita di Hirayama (Kōji Yakusho), un uomo che ha ormai superato la mezza età e il cui lavoro è pulire i bagni pubblici di Tokyo. L'obiettivo qui è esplorare la ricezione di Giorni perfetti tra due punti precisi: la tendenza alla rassegnazione e la possibilità della critica. Il presente testo si basa su questo problema e lo affronta attraverso la riflessione su aspetti specifici del film, sul suo contenuto e sulla sua forma, nei quali si riconoscono elementi di rassegnazione e di critica.

Come procedura si utilizza l'interpretazione. Aveva ragione Susan Sontag (2020) quando, nel suo prezioso saggio contro l’interpretazione, scriveva che certe interpretazioni indicano un’insoddisfazione, consapevole o inconsapevole, nei confronti delle opere in questione e rivelano il desiderio di sostituirle con qualcos’altro. Ciò che l'autore non ha detto è che quest'altra cosa che si intende mettere al suo posto potrebbe essere, in alcuni casi, una vita dignitosa, l'eliminazione di sofferenze inutili, qualcosa con cui molte opere vorrebbero essere sostituite.

Un'estetica clown nei giorni perfetti

La questione di Giorni perfetti è la quotidianità, la routine. Lo spettatore vede la vita di Hirayama svolgersi ciclicamente.

Svegliarsi prima del sorgere del sole, svegliati dalla signora che spazza la strada. Piegare il piumone. Lavarsi i denti, radersi e rifinire i baffi. Prendersi cura del proprio giardino restando in una stanza illuminata con luce nera. Indossa la sua tuta, la sua uniforme da lavoro. Uscendo dalla porta della sua piccola residenza. Prendendo un respiro profondo e sorridendo. Bere caffè in lattina. Salendo nel suo furgone compatto. Guidando sulle note delle canzoni di Patti Smith, The Animals, Otis Redding, Lou Reed… sulle loro rare cassette.

Saltando da un bagno all'altro, tutti architettonicamente curati e tecnologicamente attrezzati, che pulisce ossessivamente.

Durante una veloce pausa pranzo, mangio un panino al parco e fotografo religiosamente la chioma dello stesso albero.

Poi, una volta finita la giornata lavorativa, si lava in un bagno comune e cena in un piccolo ristorante, sempre accolto dall'uomo che lo accoglie con un drink e la frase entusiasta: "Per una dura giornata di lavoro!"

A casa legge sdraiato. Addormentarsi. Sogno.

Anche nel suo giorno libero, il suo itinerario sembra prevedibile e comprende, non necessariamente in quest'ordine: andare in bicicletta a una libreria di seconda mano da cui esce con i libri che riempiono la sua libreria e lo tengono impegnato di notte; spazzare il pavimento; riavvolgere i nastri; visitare il tempio; mostra le fotografie che scatti durante la settimana; organizza metodicamente queste foto in scatole di latta conservate nell'armadio ed etichettale rigorosamente in base alla data, strappando le immagini che non ti piacciono; andare in lavanderia; mangiare e bere in un ristorante che già conosci. Durante questo periodo di riposo, tutti gli spostamenti saranno effettuati in bicicletta.

Lo spettatore è anche testimone di irruzioni in questa vita quotidiana, a volte tenere, a volte sconcertanti, a volte curiose. Alcuni di essi, anche se sembrano momenti significativi dei giorni di Hirayama, hanno qualcosa di abituale e familiare, come il senzatetto che balla con gli alberi o la ragazza che si siede sulla panchina accanto al protagonista e mangia insieme a lui, fissandolo sempre quando Hirayama la saluta, ma senza ricambiare il saluto. Altri sfoghi minacciano maggiormente la vita rituale del personaggio principale; la nipote che si presenta a casa tua dopo essere scappata di casa a causa di una lite con la madre, il collega di lavoro che si dimette…

Nel movimento della vita del personaggio principale del film, alcuni hanno visto “porosità alla poesia della vita quotidiana”, apertura al “fascino delle piccole cose”, una volontà di trovare “il fascino nella routine” (COUTO, 2024). Altri hanno visto un “delicato ritratto dell’ordinario della vita” e lo sforzo di mostrare che “c’è bellezza nell’essere ordinari”, “c’è bellezza nel pulire i bagni e nel guadagnare i propri soldi, anche se il mondo vuole divorarti in una macchina succhia-proletariato” (GUEDES, 2024).

C'è chi sottolinea che, quando nella vita di Hirayama vengono introdotte novità, particolarizzando la routine del protagonista, a cui il pubblico si avvicina in modo sottile e lento, gli spettatori si lasciano davvero convincere "che le giornate sono perfette" (PEIRÃO, 2024).

È stato scritto che Perfect Days trasmette “l’incanto del banale” e che questa “‘piccola’ vita” di Hirayama, che può sembrare claustrofobica, è anche “confortante nella sua semplicità”, negando che il film sarebbe “una glorificazione elitaria della schiacciante routine della vita nel tardo capitalismo” e riconoscendo nell’opera l’impulso a “rivelare la coraggiosa lotta per scorci di umorismo e bellezza” (COLETI, 2024).

Nell'opera si sottolinea che "il tempo supera la sofferenza e la routine diventa fonte di felicità". La sua virtù sarebbe quella di mostrare che “c’è sofferenza nella felicità” (LISBOA, 2024).

È stato sostenuto che la critica sociale presente nel film di WimWenders, nel mostrare un addetto alle pulizie dei bagni orgoglioso di ciò che fa, mira a dimostrare che "il valore umano delle persone non dipende da questi segni esteriori di successo", violando la convinzione meritocratica che considera migliori coloro che svolgono lavori prestigiosi. L'attenzione di Hirayama per ciò che conta davvero, il suo amore per le arti, la sua apertura al momento vissuto sarebbero segni della sua raffinatezza, segni che è una persona migliore, che rifiuta l'edonismo e il consumismo (SOUZA, 2024).

Altri, di fronte alla proposta di seguire la “tranquilla routine del lavoratore”, ne hanno ricordato la mancanza di originalità, sottolineando che, nel film, poiché c’è la tendenza a risolvere rapidamente gli inconvenienti che si presentano (nella routine di quella vita che seguiamo), prevale la comodità per il pubblico che segue da vicino il “piccolo mondo” di Hirayama (NOLASCO, 2024).

Senza giri di parole, Giorni perfetti è stato anche etichettato come "poesia falsa di tutti i giorni”, falsa poesia quotidiana (FURTADO, 2024) e come una “fantasia di fuga – particolarmente attraente per i ricchi” (JONES, 2024).

Più di un semplice ritratto dell'accoglienza di Giorni perfetti, divisa tra celebrazione e rifiuto, la divisione delineata nelle recensioni si basa su un elemento estetico che costituisce il film stesso; non è una mera manifestazione di giudizi critici soggettivi, ma espressione di un tratto oggettivo di Giorni perfetti: l'estetica clown (SILVA, 2017).

La dicotomia esprimerebbe, in maniera biforcuta, aspetti che nell'opera si intreccierebbero tra loro, cioè in tensione. Il duplice carattere dell’estetica clown, resistenza e adattamento (SILVA, 2017), si concentra su Giorni perfetti e l'accoglienza riflette, in modo sdoppiato, questo duplice tratto. Proprio perché cammina sul terreno scivoloso dell'estetica clown vediamo il movimento dell'accoglienza del film come un'oscillazione tra l'accettarlo come resistenza o il denunciarlo come rassegnazione, chiedendo che questa tensione venga analizzata prima di considerare se il film sprofondi nella rassegnazione, faccia un salto critico o rimanga in un equilibrio instabile.

Considerato ciò, la domanda di questo lavoro può essere formulata come segue: quale scena Giorni perfetti costituisce la quotidianità del mondo amministrato, in cui regna l'alienazione, quando inciampa, come un pagliaccio, nell'estetica clown? Per indagare questa questione è necessario innanzitutto rendere esplicita la presenza dell’estetica clown em Giorni perfetti.

Estetica clown riguarda il radicamento di elementi caratteristici della prassi clown – come esagerazione, fantasia, follia, sovversione, trasgressione, manifestazione di vulnerabilità – nella forma e nel contenuto delle opere, con o senza rappresentazione clown personificata, oggettivandosi, nel cinema, sia nella trama e nei personaggi che nelle scelte tecniche della fotografia, dell'inquadratura, del linguaggio, della sceneggiatura (SILVA, 2017).

Ereditando la tensione tra intrattenimento e critica intrinseca alla sua matrice (l'arte del clown), l'estetica clown oscilla tra adattamento e resistenza al dominio. A seconda di come sono coordinati gli elementi di forma e contenuto, l'umore pagliaccio può servire un'estetica di distrazione, catarsi e riconciliazione delle persone con il dominio oppure può servire l'esperienza estetica critica del contatto non pacificato con la realtà che produce sofferenza. La fantasia, centrale nelle dinamiche di questa estetica, può operare sia nel senso di fuga dalla realtà della sofferenza, sia nel senso di brancolare nel sotterraneo della realtà, indicando possibilità di superamento (SILVA, 2017).

Sebbene le conseguenze della presenza degli elementi non siano state percepite e sviluppate consapevolmente pagliacci em Giorni perfetti, la sua immanenza all'opera è stata rivelata, un po' accidentalmente, in alcune recensioni e critiche. A volte, colpi pagliacci sono stati evidenziati casualmente nei commenti al film, ma, sintomaticamente, con un tono di squalifica, anche se non sempre con quel tono.

Ad esempio, la predisposizione al gioco è stata notata in Hirayama (COUTO, 2024). È stata notata anche una certa grazia, manifestata in scene che provocano sorrisi discreti nel pubblico, così come il contrasto tra il rigore di Hirayama e il modo “folle” di Takashi, il compagno di lavoro del protagonista (PEIRÃO, 2024). Lo stesso contrasto tra il giovane, esasperato e loquace Takashi e il taciturno vecchio Hirayama è stato notato da un altro recensore, sebbene preso come una rappresentazione “quasi caricaturale” delle relazioni tra i personaggi del film di Wim Wenders (NOLASCO, 2024). È stato addirittura scritto che Takashi “è deliberatamente sciocco e pagliaccio, chiacchiera sempre senza pensare” (JONES, 2024).

Con questi indizi, i critici erano ad un passo dal riconoscere l'estetica. clown em Giorni perfetti, tuttavia, quegli aspetti sono stati annotati come dettagli. Non ci si rese conto che, nel contrasto dei temperamenti di Hirayama e Takashi, un gioco tipico di un duo di pagliacci, uno bianco e uno augusto. Non è solo Takashi a essere un pagliaccio: lo è anche Hirayama. La natura caricaturale di questo rapporto non sarebbe un errore da parte di Wenders, bensì un metodo (consapevole o meno). Gli attributi dell'estetica clown sono presenti in molti altri elementi di Perfect Days. Ne evidenzierò alcuni.

Cominciamo con la lingua di Giorni perfetti, che sceglie il silenzio, privilegiando l’immagine e dando il primato allo sguardo. Seguendolo dall'inizio del film, lo spettatore deve aspettare circa sedici minuti prima di sentire la prima parola sintetica di Hirayama, e solo dopo altri venti minuti lui parlerà di nuovo. E il silenzio verbale del personaggio non è conseguenza del fatto di essere solo. A chi si rivolge a lui risponde con gesti e mimiche oppure non risponde affatto. L'espressione del protagonista rimane prevalentemente gestuale, anche dopo che inizia a parlare. Nel cinema, la preponderanza dell'immagine sulla parola e il privilegio dello sguardo costituiscono l'estetica clown (SILVA, 2017).

Un'osservazione attenta troverà in Giorni perfetti, soprattutto quando Hirayama è con la nipote, l'uso di movimenti mimetici, tipici di clown. La dinamica corporea dei due personaggi è imitativa in una scena in cui stanno pranzando al parco: senza che lei sappia che questa è un'abitudine quotidiana di Hirayama, la ragazza si toglie e la posiziona smartphone fotografare gli stessi alberi fotografati dallo zio; Poi tira fuori la sua telecamera analogica e la posiziona in modo simile (una scena che strappa persino un sorriso al pubblico). Poco dopo, c'è una scena in cui i due vanno in bicicletta in sincronia.

Non serve cercare molto per trovare scene che funzionano in questo modo. gag pieno di spirito Giorni perfetti. Ne ricordo una, quasi silenziosa in realtà, in cui Hirayama cercava di attraversare la sua piccola stanza, dove aveva messo a dormire la nipote, per raggiungere la stanza adiacente dove erano conservate le sue piante. Il personaggio non vuole fare rumore per non svegliare la ragazza, ma ogni passo attentamente calcolato è piuttosto rumoroso, così come il rumore prodotto dal flacone spray, che preme disperatamente e velocemente per terminare il suo rituale mattutino. Lui fallisce, la nipote si sveglia.

Ce ne sono altri gag, come la sua fuga in bicicletta dopo essere stato sorpreso a guardare di nascosto il proprietario del ristorante, per il quale sembra avere una cotta emotiva, abbracciare un uomo che non conosceva; lo shock di essere inaspettatamente baciato sulla guancia dalla ragazza con cui Takashi aveva una relazione; lo spavento esagerato, che quasi finisce con una caduta, quando si rende conto che la nipote, voltata di spalle, sta per togliersi la maglietta (il che ricorda gli inciampi dei clown). Un contenuto affettivo-sessuale è comune a queste scene, accompagnato dall'imbarazzo infantile delle reazioni di Hirayama.

La costruzione del personaggio Hirayama – per il cui ruolo Yakusho è stato premiato a Cannes (2023) –, nei suoi gesti iperbolici fin da bambino, nel suo sguardo espressivo, nella sua eloquenza senza parole, nella sua innocenza, assomiglia molto a quella del clown.

La vulnerabilità del clown, segno della condizione vulnerabile dell'uomo in generale, è un carattere centrale dell'estetica clown (SILVA, 2017). Ciò si manifesta in Hirayama non solo nell’inverso della sua osservanza dei rituali, che esprimono esplicitamente il bisogno di protezione, ma soprattutto in certe sue reazioni che ricordano quelle di un bambino – ricordo, a questo proposito, quanto sia infantile l’abbraccio che dà alla sorella (figura rigida e “adulta”), mentre le regge il sacchetto con i cioccolatini che lei gli ha regalato. Anche le sue innumerevoli paure raccontano qualcosa in questo senso.

C'è, in Hirayama, nonostante la sua eccessiva attitudine al lavoro, una certa inattitudine per le cose semplici, comune al suo tempo, e quest'ultima è una caratteristica clown (Hirayama pensa che Spotify È un negozio! La nipote ride, e anche una parte del pubblico ride (ma non è vero?).

Ma è proprio nella dinamica del rapporto con Takashi che la Costituzione si distingue clown, dalle differenze nella corporatura fisica dei due (Takashi è molto magro, il che fa sembrare Hirayama ancora più corpulento di quanto non sia), ai costumi (Takashi indossa abiti molto larghi e persino la sua tuta da lavoro blu è un po' larga, mentre quella di Hirayama è attillata)[I]), passando attraverso le caratteristiche opposte di “carattere” e atteggiamento (Takashi loquace e completamente istrionico, distratto, goffo, sciocco, rilassato, poco puntuale; Hirayama silenzioso, attento, cauto, sensibile, meticoloso, retto).

Entrambi condividono il principio di identificarsi con gli emarginati e gli emarginati (il ragazzo con sindrome di Down, la nipote, il senzatetto, la ragazza di cui Takashi si innamora).

Come indicato, Hirayama e Takashi si riferiscono a un duo clown del tipo bianco e augusto. Come ci ricorda Silva (2017), queste due figure tradizionali del clown incarnano le dinamiche tra potere e servitù, ordine e marginalità: “L’uomo bianco rappresenta il detentore del potere, un fumetto di serietà e rigidità, mentre l’uomo augusto si riferisce a una presunta innocenza e stupidità, anche a una presunta sottomissione all’uomo bianco. Tuttavia, poiché la sovversione dell’ordine imposto è una costante nell’arte clownesco, in questo gioco c’è una trasgressione dei ruoli inizialmente presentati” (SILVA, 2017, p. 41). È facile riconoscere nei due personaggi di Giorni perfetti questo movimento.

Il rapporto di lavoro che unisce Hirayama e Takashi permea questo rapporto di servitù (seppur senza violenza), nella misura in cui il secondo è subordinato al primo. Anche i valori incarnati da Hirayama (dedizione, autocontrollo maturo) tendono a trionfare socialmente su ciò che Takashi personifica (negligenza, impulsività giovanile).

Nella dinamica tra i due personaggi, proprio come quella sovversione dei ruoli possibile nel gioco pagliaccio, ci sono colpi di scena. Si verificano in scene come quella in cui Takashi prende il controllo del veicolo di Hirayama e quella in cui il giovane prende il controllo minacciando di vendere una delle cassette di Hirayama, a cui deve cedere consegnando a Takashi tutti i soldi che ha nel portafoglio.

Tuttavia, la sovversione più sorprendente si osserva in una scena in cui Hirayama diventa improvvisamente un augusto clown, non con il suo solito sosia (Takashi), ma con l'uomo che vede abbracciare la padrona di casa del bar dove cena nei fine settimana, un uomo di cui sembra essere stato geloso. Parlano del cancro dell'uomo e a un certo punto lui pone la domanda: "Le ombre diventano più scure quando si sovrappongono?", lamentandosi del fatto che ci sono ancora così tante cose che non sa, mentre apparentemente pensa alla sua aspettativa di vita ridotta. Con arguzia, Hirayama conduce un assurdo "esperimento" per scoprire la risposta alla domanda e non giungono ad alcuna conclusione, uno pensa di sì e l'altro pensa di no. In seguito, giocano a rincorrersi con le ombre, con Hirayama che fa da contrappunto all'austerità e alla disperazione dell'altro personaggio.

Guardando il film da questa prospettiva, è possibile chiedersi: come può un'estetica clown em Giorni perfetti influisce sull'espressione che il film dà agli elementi che assume come materiale, cioè al rapporto dell'individuo con la vita quotidiana, il lavoro, il tempo libero?

Poetica della quotidianità nella vita scandinava?

Come detto, il motivo per cui Giorni perfetti è la vita di tutti i giorni. Non sarebbe legittimo aspettarsi che il film presenti la determinazione concettuale della vita quotidiana, in cui si svolgono routine, come quelle di Hirayama. La tua lingua è diversa. Ma la mancanza di determinazione concettuale per la vita quotidiana presenta i suoi inconvenienti in alcune recensioni e critiche, dalle quali non sarebbe abusato aspettarsi la mediazione della teoria nella riflessione su questa dimensione.

L’ordinamento dell’esistenza, per quanto banali possano essere gli aspetti ordinati, non è un’ovvietà indeterminata e casuale, esiste una certa “struttura della vita quotidiana”.

Agnes Heller (2000) ci ricorda che la vita quotidiana è eterogenea e gerarchica, cioè è intessuta di lavoro, vita privata, tempo libero, scambi sociali e altro; azioni che hanno una priorità asimmetrica. In particolare, l'importanza delle tipologie di attività che compongono la vita quotidiana è determinata dalle dinamiche sociali ed economiche.

In altri periodi, nella vita quotidiana predominavano altri ordini egemonici; «la vita quotidiana non è 'fuori' dalla storia, ma al 'centro' degli eventi storici» (Heller, 2000, p. 20).

L’inizio dell’era borghese inaugurò, nella vita quotidiana, un margine di movimento inedito affinché l’individuo potesse costruire la “propria” gerarchia, secondo la sua coscienza e personalità, all’interno della gerarchia socialmente stabilita. Tuttavia, lo sviluppo della stessa società borghese portò ad un restringimento di questo margine. Nel modo di produzione capitalistico, la forma alienata della vita quotidiana si è ampiamente ampliata, sebbene la vita quotidiana non sia sempre e necessariamente alienata, intendendo per alienazione la distanza tra le possibilità materialmente determinate dalla produzione generica umana e le possibilità disponibili per la vita umana individuale cosciente (Heller, 2000).

L'infinito numero di decisioni richieste nella vita quotidiana fa sì che a ogni richiesta presentata all'individuo non si possa rispondere con tutta l'energia e la consapevolezza possibili, cosicché il comportamento e il pensiero quotidiani sono caratterizzati, oltre che da una significativa unità immediata tra loro, da un certo grado di pragmatismo e spontaneità, di economicismo e di ultra-generalizzazione; lavorare per analogia, pregiudizi, precedenti e imitazione (vedi Heller, 2000, pp. 34-37).

L’attività richiesta dalla vita quotidiana non costituisce la prassi perché non si configura come “attività cosciente umano-generica” (p. 32), anche se non si tratta di postulare una scissione insormontabile tra la forma predominante dell’attività quotidiana e la prassi, poiché la prima sarebbe un momento necessario della seconda. Se la prassi è un momento di elevazione al di sopra della quotidianità (Heller, 2000), essa dipende dalla quotidianità stessa su cui si eleva.

Nel capitalismo, questa unità immediata tra pensiero e azione si cristallizza in larga misura. Il pragmatismo e la spontaneità, l'economicismo e la generalizzazione eccessiva, il modo di agire e di pensare guidato dall'analogia, dai pregiudizi, dai precedenti e dall'imitazione vengono ipostatizzati. Il salto di qualità rispetto alla vita quotidiana è ostacolato.

Perfect Days si svolge in questa specifica forma di quotidianità – la quotidianità segnata dall’alienazione nel mondo capitalista – ed è essenziale per soppesare i suoi limiti e le sue possibilità.

Come è suddivisa la vita quotidiana di Hirayama? Lo stesso della vita in generale sotto il capitalismo: lavoro, tempo libero e sonno.

È fondamentale ricordare fin da subito che in una società amministrata non sono solo le attività lavorative in senso stretto ad essere sottoposte a controllo. E la società amministrata è il mondo più ampio in cui esiste il piccolo mondo di Hirayama.

Anche il cosiddetto tempo libero e il sonno sono legati al lavoro alienato. La limitazione del sonno notturno ha di per sé delle determinanti economiche e l'attività inconscia che si verifica durante il sonno, il sogno, non ne è in alcun modo esente.

Nel capitalismo, non solo i programmi che riempiono il tempo libero sono conformi alla logica del profitto, ma anche le attività svolte in quel tempo che apparentemente non ci ricordano nulla del lavoro, ci assicurano di poter lavorare di più in seguito. Lo stesso vale per il sonno e il tempo libero, come si è detto di quest’ultimo: la loro “funzione è quella di ricostituire la forza lavoro” (ADORNO, 1995, p. 73). Un altro aspetto caratteristico del rapporto tra lavoro e tempo libero nel capitalismo è la rigorosa separazione tra i due. Ciò avverrebbe con “zelo puritano” (ADORNO, 1995, p. 73). Non è difficile riconoscere uno zelo analogo nel rapporto di Hirayama con il tempo e la routine. Dal profondo grado di identificazione di Hirayama con questa logica, Perfect Days trae gran parte della sua comicità.

Se, nell'impulso dell'arte del clown, l'estetica clown è orientato a denunciare la sofferenza e la miseria e a prestare attenzione al fallimento nel realizzare le promesse della cultura (SILVA, 2017), si potrebbe dire, in Giorni perfetti, della natura risibile dell'identificazione con l'ordine sociale dominante (in Hirayama per il suo rapporto servile e soddisfatto con il lavoro), un ordine che mostra il suo fallimento, nel senso dell'emancipazione, producendo servizi igienici e bagni ad alta tecnologia con meccanismi di funzionamento che sorprenderebbero persino i poteri magici se esistessero, senza cambiare la necessità e l'organizzazione sociale del lavoro di pulizia dei bagni.

Hirayama è l'esagerazione di questa identificazione, è la caricatura di una vita divisa: lavora seriamente durante il lavoro; dormire quando dovresti dormire; divertiti nei tuoi giorni liberi. In quanto caricatura, potrebbe esserci una certa resistenza nel mostrare fino a che punto si spinge l'assurdità della dedizione illimitata al lavoro e della vita compartimentata, ma forse al film manca l'assurdità, che è la realtà stessa, come l'assurdità abbastanza prevedibile di mostrare la pulizia di un bagno rovinata, dopo che il personaggio l'ha pulita a fondo, e ciò non accade.

Se la configurazione procede effettivamente clown nel personaggio di Hirayama, ci sarebbe forse la possibilità di una tensione tra il ruolo di un lavoratore in un ruolo stigmatizzato (irrazionalmente mantenuto in condizioni indegne a giudicare dalle possibilità oggettive di una società capace di progettare i bagni in quel modo) e la sua rappresentazione clownesco portando a qualcosa del tipo: dover fare questo, in questo modo e con un sorriso stampato in faccia è uno scherzo e lui, come tutti i pagliacci, prende molto sul serio il suo scherzo. Nonostante sembrino così radicati nell'opera e in particolare nella costruzione del protagonista, gli elementi dell'estetica clown em Giorni perfetti non sembrano condurre a quel punto e ripiegano su risate facili e piacevoli, suggerendo che può essere divertente e gratificante condurre questa vita, a patto che ci sia la volontà di accogliere i minimi movimenti di felicità nella routine quotidiana di una vita danneggiata.

L'unico momento dell'intero film in cui Hirayama mostra rabbia è proprio quando perde il suo compagno, quando Takashi si dimette. Apparentemente la rabbia non è dovuta al dolore per il giovane, ma al fatto che l'azienda non riesce a trovare un sostituto immediato e Hirayama è costretto a coprire il turno del giovane, finendo il lavoro fino a tarda notte. Hirayama arriva a casa, si toglie l'uniforme, la abbandona con noncuranza sul pavimento, si sdraia, dorme e sogna. Spunta il giorno, apre la porta del lavoro, sorridendo. La rottura è sepolta. Hirayama, l'operaio, torna al lavoro di buon umore.

Anche la “separazione” di Takashi viene risolta inviando un altro dipendente a sostituirlo. Nei pochi secondi in cui viene rappresentato il primo contatto tra i due (Hirayama e il nuovo partner), si ha l'impressione che il sostituto sia un duplicato di Hirayama. Sembra anche essere severa e disciplinata (arriva addirittura prima del protagonista), porta con sé la sua attrezzatura da lavoro e perfino il suo veicolo assomiglia a quello del protagonista, differendone solo nel colore, che è rosso. Ciò, che potrebbe ben tradurre la minaccia oggettiva che anche il lavoratore più cauto sia sostituibile nel mondo del lavoro alienato, finisce per suscitare divertimento nel pubblico e una palese soddisfazione in Hirayama.

Torniamo alla routine della donna delle pulizie del bagno; ora fuori dall'orario lavorativo. È vero che i viaggi di Hirayama nelle librerie dell'usato, dove compra libri per pochi spiccioli, hanno poca affinità con i costosi programmi di svago organizzati attorno al profitto nel capitalismo. Lo stesso si può dire del probabile costo della sua dedizione alla fotografia e del piacevole ma modesto ristorante dove sceglie di bere e mangiare nei suoi giorni liberi.

Tuttavia, il suo modo di occupare il tempo libero sembra coincidere con una gestione del tempo libero effettuata attraverso la pratica di attività che seguono una logica e un ritmo molto diversi da quello lavorativo: prendersi cura del giardino dei bonsai; seguire il lento scorrere del tempo nella natura fotografando gli stessi alberi; coltiva te stesso leggendo William Faulkner, Aya Koda, Patricia Highsmith… Sotto l’apparenza della libertà, sotto la maschera della moderazione, della circospezione, della “sofisticazione”, del rifiuto dell’edonismo, può esserci gestione.

È significativo che nelle recensioni del film la parola sia apparsa con una certa frequenza hobby per nominare le attività del protagonista al di fuori dell'orario di lavoro; parola assente nel film, parola che non userei senza riserve per descrivere quelle azioni. È significativo perché mostra come il meccanismo di riproduzione della società capitalista approfitti dell'apertura delle produzioni culturali per marcarle puntualmente con i propri segni, ponendole al suo servizio come propaganda. In questo caso, rafforzando “l’ideologia delhobby'” (ADORNO, 1995, p. 74). Tuttavia, non si deve escludere la possibilità che questo meccanismo si limiti a nominare e incitare ciò che era già stato instillato nell'opera.

O hobby, fenomeno tipico della società amministrata, appartiene ad un tipo di “libertà organizzata” (ADORNO, 1995, p. 74). Opera una coercizione sociale sulle persone affinché scelgano un'occupazione dal catalogo degli intrattenimenti istituzionalizzati e consentiti. L'aspetto cruciale è che questa offerta socialmente prescritta risponde al genuino bisogno di libertà delle persone (libertà dal lavoro), ma lo funzionalizza a favore del dominio del lavoro.

Nessuna guida esterna sembra influenzare i comportamenti di Hirayama (e tanto meno le sue attività nel tempo libero), ma non è forse questo un effetto del grado di prossimità con cui seguiamo la sua vita? Tutti i nostri tratti, atteggiamenti e azioni sembrano specificamente nostri a una certa distanza: non così lontani da poterli riconoscere in altre persone, né così vicini da poterne scoprire la genesi sociale.

Forse deriva da una certa composizione clown qualcosa dell'apparente autenticità del temperamento di Hirayama e della sua libertà, ma il clown Trae la sua originalità dall'imitazione, mettendo in discussione ogni originalità, prendendo in giro la sua presunzione nel mondo amministrato e, quindi, denunciando la mancanza di libertà. Hirayama sembra ostentarli con sottile vanità, nonostante il mondo amministrato. Presentando i risultati del controllo senza mostrare il controllo dei risultati, questi sembrano essere il risultato di una generazione spontanea, un'espressione di libertà. Il modo in cui è stata attuata la decisione del film di concentrarsi esclusivamente sul presente non può essere esentato dalla responsabilità di questa impressione: "Adesso è adesso", dice Hirayama in una scena. Sebbene in Hirayama non vi siano tracce evidenti di eteronomia, Perfect Days non sfugge all'eteronomia, sembrando raccomandare la contemplazione.

Una delle recensioni chiede, sorpresa: "Come può una persona [Hirayama] che ha un lavoro disprezzato dalla società avere ancora motivi per sorridere? Hobby?” (GUEDES, 2024). Questa domanda, molto più esclamativa che inquisitoria, esige una risposta.

Essere questa persona costituisce il progetto del lavoratore borghese. Lo spirito della classe borghese, prescritto a tutti, propugna la moderazione, un sano equilibrio tra lavoro e divertimento, “l’autodisciplina repressiva” (ADORNO, 1993, p. 114) e l’identificazione con le funzioni svolte, qualunque esse siano nell’elenco delle occupazioni registrate nella divisione sociale del lavoro, sostenute dalla promessa di realizzazione individuale e dignità attraverso il duro lavoro. Lavora e hai Hobby non sono antitetici. La capacità di bilanciare questa esistenza divisa è una caratteristica del modello di vita borghese.

Ma lo stupore ha una sua ragione. Quando, come oggi, lo sfruttamento del lavoro avanza fino al punto di voler privare i lavoratori del diritto al tempo libero – prolungando ancora una volta la giornata lavorativa in tutto il mondo (BESANCENOT; LÖWY, 2021) –, il nostro sguardo si volge con una certa nostalgia e ammirazione a coloro che riescono a mantenere l’abitudine di avere Hobby. Un’abitudine che sembra già un fossile notevole di una fase declinante del capitalismo – la parola stessa hobby sembra decadente[Ii] -, E Giorni perfetti mette in luce l'inadeguatezza di Hirayama rispetto al tempo presente (che, d'altro canto, riesce a servire bene).

Il personaggio stesso ha qualcosa di fossile. Questa inadeguatezza, presente anche nell’estetica clown, c'è una certa comicità in Perfect Days. Come le sue ambite cassette, Hirayama acquisisce un valore maggiore, conferitogli dalla stessa razionalità che ha prodotto la sua caduta. In quanto fossile (sia della razza umana sia specifico della specie della classe borghese), esso conserva importanti potenzialità presenti nel passato e segni di dominio diventati carattere e condotta. In quanto fossile, può anche essere esposto in una teca, come modello. In quanto modello, si presta all'adattamento.

Nei tratti di Hirayama – che, a dire il vero, mostrano mutilazioni, segni di violenze subite, disadattamenti, blocchi psichici – si conserva un'inclinazione verso la vita avversa alla sfrenata pulsione per la novità, avversa alla forza bruta, all'operosità. A prima vista, tutto ciò suona in contrasto con gli elementi soggettivi corrispondenti a una società governata dalla massimizzazione dei profitti e dallo sfruttamento indefinito delle risorse, cioè una società dominata dal principio di prestazione, come la chiamava Herbert Marcuse (1981). Occuparsi del principio di prestazione non è così semplice.

E' dello stesso Marcuse (1981) una delle parole più forti da tenere strette in una riflessione sui limiti del modello di vita modesto presente in Giorni perfetti, che è stato celebrato: "Il progresso oltre il principio di prestazione non è favorito dal miglioramento o dall'integrazione dell'esistenza presente con più contemplazione, più tempo libero, attraverso la propaganda e la pratica di valori 'superiori' e attraverso l'elevazione personale o di vita di ogni individuo. Tali idee appartengono all'eredità culturale del principio di prestazione stesso. Le lamentele sull'effetto degradante del 'lavoro totale', l'esortazione ad apprezzare le cose buone e belle di questo mondo e del mondo a venire, sono di per sé atteggiamenti repressivi, nella misura in cui riconciliano l'uomo con il mondo del lavoro, che lasciano intatto. Inoltre, sostengono la repressione, distogliendo lo sforzo dalla sfera stessa in cui la repressione è radicata e perpetuata" (MARCUSE, 1981, p. 144).

La trappola nell'invitare le persone a prestare attenzione alle cose buone e belle, alla poesia del quotidiano, al banale, anche quando sono sinceramente buone, belle e poetiche, è quella di unirsi all'industria che lavora per distrarre la coscienza e impedirle di affrontare l'orrore esistente, consumando l'energia necessaria per affrontarlo. Non poca energia viene spesa in un compito come quello di leggere questa poesia. In mezzo alla norma dell'orrore, l'occhio dovrà rigirare molte macerie per cercarlo e, alla fine, si sforzerà di regredire fino al punto di vedere poesia là dove c'è barbarie, se non è già incline al fascino del terrore.

Non tutto ciò che è banale è poetico, né la poesia esiste solo nel banale. Anche senza arrivare a questo estremo, la pressione che spinge le persone a identificarsi con la vita, con la sopravvivenza, resta un'ombra della logica che avvicina poesia (o incanto, come la chiamano le recensioni) e banalità. Una simile reificazione ha trovato rappresentazione cinematografica nella suggestiva scena del personaggio stupito da un sacchetto di plastica che vola nel vento nel film Bellezza americana (di Sam Mendes, 1999).

Se intendessimo la poesia come l'oggettivazione singolare del vivente nella totalità oggettivata, dovremmo guardarci dall'usurpazione feticistica della poesia da parte dei morti per imitare l'animato. Non si tratta di proclamare, con decreto critico, la fine della poesia della vita – ciò che ne decreta oggettivamente la fine è il dominio che attraversa la storia e culmina nell'orrore sistematicamente pianificato – e di condannare l'apertura all'esperienza con essa, ma non avremmo maggiori possibilità senza spingere per la sua ricerca? La lotta per una vita dignitosa non sarebbe più decisiva della “valorosa lotta per scorci di umorismo e bellezza”? Che gli scorci spontanei ci ricordino e alimentino questa lotta.

L'espropriazione attraverso il lavoro è accompagnata dall'ideologia che predica che esiste un margine di possibilità affinché ogni persona possa soddisfare le esigenze del lavoro in modo sano e felice. Si sta diffondendo l’idea di un diverso rapporto tra individuo e lavoro. Non è difficile immaginare che questa morale venga portata via da Giorni perfetti, con un lavoratore devoto che non soccombe all'appetito divorante del mondo capitalista, preservando apertura, amore, felicità.

Se ci si aggrappa a questa speranza – la speranza di fare pace con il lavoro nel mondo capitalista, accettando i fardelli e rassegnandosi all’idea che c’è “sofferenza nella felicità” – si parla in sintonia con l’oppressione, supponendo che ci sia felicità (quando sperimentiamo gioie clandestine) e prendendo la sofferenza, nel senso del dolore dell’esistere, come barbarie.

“Non c’è vita corretta in una vita falsa” (ADORNO, 1993, p. 33). Giorni perfetti sembra suggerire che esista, sebbene non sia abbastanza semplicistico da far sembrare che questa risoluzione non arrechi danno alla parte più debole. Una vita limitata e gestita, ben gestita entro i limiti dati, che si spaccia per una vita regolata e autoimposta. Sorprendentemente poroso nella giusta quantità per filtrare particelle rinvigorenti di gioia dalla sostanza densa e dolorosa della vita. Ciò che si oppone alla vita scarsa e atomizzata non è una vita integrale, ma la possibilità collettiva di una vita individuale aperta al proprio ritmo, capace di fondare ritmi nuovi, senza doverlo sempre toccare nella metrica del lavoro, senza dover vivere solo di pause programmate.

Affondando in Hirayama, Giorni perfetti realizza l'ipostasi individuale proprio nel mondo che suggella il suo declino. La riorganizzazione individuale delle proprie attività non allevia di un grammo il peso dell'alienazione universale che prevale su ogni lavoro nella società capitalista. Un altro rapporto con il lavoro dipende da un'altra società, cioè dalla sua trasformazione. La dignificazione morale del soggetto attraverso il suo lavoro – che non è la stessa cosa della lotta per i diritti che rendono il lavoro più dignitoso – non solo non scredita l’oggettiva e generica indignità del lavoro nel capitalismo, ma può corroborarla. Anche gli sforzi consapevolmente diretti verso questa trasformazione sono destinati a sostenere la contraddizione di essere pur sempre lavoro, benché siano lavoro contro l'oppressione del lavoro.

Torniamo a Heller (2000). Si riferisce ad un margine di manovra variabile a disposizione dell’individuo cosciente all’interno della gerarchia della vita quotidiana affinché possa “condurre efficacemente la propria vita” (p. 40). Questa possibilità di appropriarsi della realtà, lasciandovi la propria impronta, diventa effettiva come possibilità sociale universale solo con il superamento dell'alienazione. C'è però una scommessa, mentre economicamente prevale l'alienazione, su una certa condotta di vita orientata verso una coscienza che si confronta con la silenziosa coesistenza tra particolarità e genericità che domina la quotidianità, un tipo di impegno con la potenzialità di trasformare la quotidianità in un'azione morale e politica. La capacità di condurre una vita non sarebbe un dono o una predisposizione speciale esclusiva di esseri rari; il potenziale di questo tipo di condotta di vita sarebbe il suo carattere rappresentativo e provocatorio (HELLER, 2000).

Sarebbe questo il caso di Hirayama? C'è senza dubbio l'intenzione di fare della condotta di Hirayama qualcosa di rappresentativo, qualcosa da prendere a modello. Ma quella forma politica di conduzione della vita sarebbe definita dalla capacità di rendere cosciente la relazione tra l’individuo particolare e l’umano generico, una relazione che tende a rimanere, nella vita quotidiana, in una forma “muta”, nelle parole di Heller (2000). Una manifestazione embrionale della consapevolezza di questa relazione tra il particolare e il generico si delinea nel sentimento di Hirayama di “comunione”, nell’identificazione, con gli altri, ma non sappiamo se vada oltre, includendo la riflessione sugli ostacoli oggettivi a questa “comunione”. In ogni caso, Hirayama sembra tornare, silenziosamente, alla sua particolarità.

la scommessa di Giorni perfetti è uno stile di vita alternativo all'interno del capitalismo. L'alternativa allo stile di vita capitalista non è seriamente in discussione. Mentre la seconda tendenza rappresenta un’apertura radicale, la prima tendenza, preservando il capitalismo accanto alle alternative, anche “radicali” (anche nel loro ascetismo), rafforza uno stato di cose che non solo va verso l’eliminazione delle alternative (anche di quelle permesse), ma lo fa eliminando la vita stessa. Ancorandosi all’idea di una vita alternativa, a una specie di negazione “dall’esterno”, e non alla negazione determinata, alla ricerca di liberare la vita imprigionata forzando i limiti interni della vita amministrata, forse il principio di fantasia che percorre l’estetica clown em Giorni perfetti sia la fuga dalla realtà, che è una fuga, attraverso altre scorciatoie, nella stessa realtà.

In modo caricaturale – e, a questo punto, non si tratta di caricatura come esagerazione che salvaguarda la verità, ma di grossolana amplificazione della falsità socialmente necessaria – Wenders e Takasaki hanno costruito il personaggio della sorella di Hirayama come antitesi al suo stile di vita. Lei è il canone rispetto al quale lui rappresenta la deviazione (o la fuga, considerando che la trama insinua che Hirayama avrebbe rinunciato al tipo di vita condotto dalla sorella). La sorella incarna il potere e la durezza, un lusso serio, un'intimità con il vertice della gerarchia che guarda con incondizionato disprezzo a un'occupazione come quella di pulire i bagni. Mobilitando queste due caricature, Hirayama e sua sorella, il film sottolinea la separazione tra questi orientamenti di vita, che il personaggio principale chiama "mondi", al plurale, che suggerisce essere incompatibili durante una conversazione con la nipote.

Ciò che potrebbe alludere al conflitto tra classi, ottiene la rappresentazione congelata della superficie sociale. Non avviene neppure come conflitto, perché il personalismo fa sì che la frattura sociale si confonda con la triste situazione di distanza tra fratelli. Sottolineando la separazione e preservandola sotto la formula che “ci sono mondi che non si incontrano”, Giorni perfetti opera nella preservazione della falsa coscienza incapace di percepire che questi mondi sono uno. L'esistenza di Hirayama è il fondamento dell'esistenza di sua sorella e viceversa.

La mancanza di consapevolezza di questa interdipendenza nella totalità sociale si proietta nell'inganno dell'orientamento di vita di Hirayama fissato da Giorni perfetti. Proprio come la condizione dell'esistenza lussuosa della sorella è l'esistenza di lavoratori sfruttati come Hirayama, in questo mondo Hirayama stesso, svolgendo il suo lavoro ed essendo "felice" nei vuoti della routine, può esistere solo perché ci sono molte persone che non hanno nemmeno diritto ai vuoti. I piccoli movimenti che rendono il tuo Giorni perfetti dipendono dagli altri e ogni giorno della loro vita viene rovinato.

Wenders e Takasaki non hanno chiuso completamente gli occhi sulla precarietà del lavoro e sullo sfruttamento eccessivo. Se ne trovano tracce nei pasti leggeri, nei segni della stanchezza, nel fatto che Hirayama porta con sé la propria attrezzatura da lavoro e nella descrizione delle condizioni di vita del protagonista – ma tutto questo può anche essere inteso come un'opzione per avere tempo di apprezzare le cose; conseguenza di coloro che sfruttano al meglio le proprie giornate; prendersi cura e cercare di facilitare il proprio lavoro; orientamento ascetico della vita.

Se gli sceneggiatori non hanno chiuso completamente gli occhi sullo sfruttamento eccessivo, non hanno nemmeno guardato attentamente dove la miseria del lavoratore si è resa esplicita nella morte sistematica nei lavori pericolosi, nella schiavitù dei corpi, nella totale incapacità di garantire il minimo di sussistenza, e non nella presunta mancanza di istruzione delle persone che prendono a calci i cartelli che avvertono delle pulizie in corso. Questo sguardo non è un obbligo né ha lo scopo di stabilire alcun decreto di impegno dell'arte con l'impotente realismo crudo, tuttavia, l'opera è nucleare alla sostanza scelta da Giorni perfetti e lo sfruttamento grossolano ne è il fulcro.

Non dovrebbe essere sconcertante osservare qualcuno che pulisce ogni angolo e fessura di un water, usando uno specchietto per assicurarsi di aver eliminato tutto lo sporco che non si vede? Sarebbe spiacevole se un comportamento del genere sembrasse dovuto alla coercizione di una grave malattia mentale. Sarebbe rivoltante se un'azione del genere fosse un ordine impartito da un superiore. Non sembra essere niente del genere in Giorni perfetti e, cosa peggiore, non si può escludere che scene come queste possano risultare piacevoli per lo spettatore: ricordo che sui social media circola una serie di video, pensati per suscitare soddisfazione, che mostrano persone che puliscono cose e luoghi molto sporchi.

Come viene rappresentato, sembra che Hirayama trionfi sullo sporco nel suo lavoro di pulizia, e questo produce un falso senso di realizzazione nel soggetto e infonde significato nel compito. Realizzazione e significati sistematicamente bloccati in relazione al lavoro nel mondo in cui è alienato. Fu Beauvoir (1967) a osservare come il lavoro di pulizia sia particolarmente tortuoso, simile alla punizione di Sisifo, perché la sporcizia e la polvere non vengono mai sconfitte. È difficile dire se Hirayama senta di aver sconfitto la polvere o se sia immune alla sofferenza di questo compito quasi sempre uguale, ne tragga soddisfazione e ne tragga spunto comico.

Nel 1956, durante una conversazione con Max Horkheimer su lavoro, tempo libero e libertà, Theodor Adorno si chiese: "Troviamo felicità nel lavoro solo perché siamo borghesi?" (ADORNO; HORKHEIMER, 2014, pag. 28). Un decennio prima aveva scritto qualcosa di più affermativo, in un senso leggermente diverso: “Solo l’astuto intreccio di lavoro e felicità lascia aperta, sotto la pressione della società, la possibilità di un’esperienza a sé stante” (ADORNO, 1993, p. 114).

Poiché i poteri dominanti si sono dimostrati più abili nell'intreccio tra lavoro reale e parodia della felicità, forse per riflettere sul rapporto tra lavoro e felicità delineato nel film di Wenders è più fruttuoso porsi la domanda: Hirayama trova la felicità nel lavoro solo perché è borghese? Borghese non secondo la sua posizione oggettiva nella divisione sociale delle classi (proletaria), ma secondo la sua struttura di coscienza, che è borghese, come lo è per tutti nel capitalismo, poiché il capitalismo ha universalizzato socialmente, insieme alla struttura economica, una struttura di coscienza unitaria (la borghese, reificata), formalmente comune alla classe dominante e al proletariato, come ci ricorda György Lukács (2018).

La piatta razionalità della vita amministrata si proietta nei sogni di Hirayama? Nel tuo spazio onirico, il sempliciotto finge di essere poetico? Una certa rassegnazione si manifesta anche nei sogni più dolci, senza traccia di rabbia? Qualcosa di queste impressioni rimane quando ci si rende conto che i sogni del personaggio, delicati e trasparenti per lo spettatore, sono un gioco di sovrapposizioni di impressioni quotidiane, una duplicazione di ciò che si sperimenta nello stato di veglia.

Ma i sogni entrano dalla porta lasciata socchiusa nella lettura. Emergono in un momento di interregno: il signore che coordina lavoro e tempo libero si è addormentato sul trono. In questo momento, le tracce di ciò che era stato austeramente separato si mescolano. Si mescolano con la timidezza. Sì, la vita piatta si proietta nei sogni, ma con altri colori, o meglio, senza colori. Su una scala di grigi, ruminando sulla vita da svegli, i sogni raccontano la verità malinconica e grigia dei giorni, anche se la fotografia del Giorni perfetti essere colorati, persino saturi. La stessa verità taciturna è espressa nelle fotografie in bianco e nero che Hirayama scatta con insistenza all'albero verdeggiante sotto la luce intensa del sole.

Nonostante ciò, Hirayama può essere considerato un modello perché non minaccia il corso stabilito per il mondo. In un aforisma intitolato “Clown”,[Iii] Theodor Adorno (1993) ha trattato la situazione dell’individuo nel tardo capitalismo non come un’eliminazione radicale, ma piuttosto come un residuo in decomposizione che viene “trascinato via come qualcosa di morto, neutralizzato, impotente”, qualcosa che viene persino protetto e acquista un certo valore, qualcosa “conservato in una riserva naturale, ammirato in oziosa contemplazione”.

Nel mondo amministrato, i tratti caratteristici di un individuo, come il suo temperamento vivace, la sua capacità di pensare in modo diverso, la sua originalità – elementi riscontrabili anche in Hirayama – trasformerebbero “ciò che è umano in un costume di clown” e verrebbe convertito “in un pezzo da esposizione come i feti abortiti che un tempo provocavano stupore e risate nei bambini” (ADORNO, 1993, p. 118). C’è una sorprendente somiglianza tra questa diagnosi del destino dell’individuo nel tardo capitalismo e la composizione del personaggio principale nell’opera di Wim Wenders (2023).

Sebbene la tendenza alla rassegnazione sembri prevalere in Giorni perfetti, che unisce fascino poetico, estetizzazione della quotidianità e commedia intima, non lo fa senza contraddizioni.

Non dimentichiamolo: Hirayama non racconta nulla che possa essere considerato una traccia di esperienza e poesia. Questo silenzio non è forse il segno che la persona vivente è ancora carente di esperienza, ricordandoci che la connessione con l'altro attraverso il tempo – segno dell'esperienza – resta ostacolata? Questo silenzio non è forse il segno che la vita è ancora povera di “esperienze comunicabili”, come direbbe Walter Benjamin (1994)? Quale di quei momenti presumibilmente significativi dell'epoca di Hirayama, che mirano a inebriare lo spettatore, manterrebbe la sua espressività se fosse narrato? Alcune di esse non si rivelerebbero agli altri ascoltatori (spettatore compreso) come banalità e nient'altro?

L'”estetica” clown è in ciò che sfugge”, dice Silva (2017, p. 102). Chissà, forse non si è protetta proprio all’inizio clown della performance di Yakusho portata al suo apice nella scena finale di Perfect Days, quando osserviamo, da vicino e personalmente, Hirayama dirigere ancora una volta al suono di Sentirsi bene con la voce di Nina Simone.

Sottilmente e convulsamente, sul suo volto si mescolano contentezza e tristezza. Gli occhi si riempiono di lacrime. Una sottile linea di sorriso appare e si nasconde e appare di nuovo e… Quasi prevedendo la scena, è come se fosse stata descritta prima: “una dialettica di luce e ombra, dolore e contentezza, risate e pianti – quasi unificati in un unico primo piano” (SILVA, 2017, p. 56).

In un'intervista con Rivista Inclinata[Iv], Wim Wenders ha dichiarato la sua intenzione di fare Giorni perfetti una dichiarazione di pace, che condiziona la pace all'essere contenti di ciò che si ha. Uscita rassegnata da un mondo ineguale. Tentare di conciliare in particolare ciò che non è conciliato nella sua totalità. Fortunatamente, quando si tratta di riflettere sulle produzioni estetiche, è già noto che i giudizi degli autori non sono testamenti incontestabili. Il regista ha concluso affermando che Hirayama è il suo “eroe di pace”. Sarebbe stato meraviglioso vedere Wim Wenders prendere di mira un eroe e colpire in pieno un clown! Un pasticcio meraviglioso clown! Fallimento magistrale! Ma forse ci riuscì e nel clown Hirayama rimasero davvero tracce di un eroe.

*Herik Oliveira è un dottorando in psicologia scolastica e sviluppo umano presso l'istituto di psicologia dell'USP.

Originariamente pubblicato sulla rivista FILOSOFIA DELL'ARTE.

Riferimento


Giorni perfetti (Giorni perfetti)
Giappone, 2023, 123 minuti.
Regia: Wim Wenders.
Sceneggiatura: Takuma Takasaki, Wim Wenders.
Direttore della fotografia: Franz Lustig.
Cast: Koji Yakusho, Min Tanaka, Arisa Nakano, Tokio Emoto.

Bibliografia


ADORNO, Theodor Wiesengrund. Minima Moralia: riflessioni dalla vita danneggiata. Trans. Luiz Eduardo Bicca. 2a ed. Milano: Einaudi, 1993.

ADORNO, Theodor Wiesengrund. Tempo libero. In ADORNO, Theodor Wiesengrund. Parole e segni: modelli critici 2. Trans. Maria Helena Ruschel. New York: Routledge, 1995, p. 70-82.

ADORNO, Theodor Wiesengrund; HORKHEIMER, Max. Verso un nuovo manifesto. Trans. Mariana Dimópulos. Milano: Einaudi, 2014.

BENJAMIN, Walter. Esperienza e povertà. In BENIAMINO, Walter. Opere scelte I: magia e tecnica, arte e politica. New York: Routledge, 1994, p. 114-119.

BESANCENOT, Olivier; LÖWY, Michel. La giornata lavorativa e il regno della libertà. Trans. Luiz Antonio Araujo. Milano: Einaudi, 2021.

BEAUVOIR, Simone. Il secondo sesso: l'esperienza vissuta. Trans. Sergio Milliet. San Paolo: diffusione del libro in Europa, 1967.

COLLECTI, Caio. Perfect Days trova bellezza e persino varietà nel riconoscere la crudeltà della ripetizione. Frittata. 20 febbraio 2024. Disponibile all'indirizzo: https://www.omelete.com.br/filmes/criticas/dias-perfeitos.

COUTO, José Geraldo. La routine e il fascino. Blog di film. 22 febbraio 2024. Disponibile all'indirizzo: https://ims.com.br/blog-do-cinema/dias-perfeitos-por-jose-geraldo-couto/.

FURTADO, Filippo. Giorni perfetti. Cassetta delle lettere d. 12 dicembre 2023. Disponibile all'indirizzo: https://boxd.it/5jzUbb.

GUEDES, Diandra. Recensione Perfect Days/Drama è un delicato ritratto della quotidianità. Tra gli schermi. 4 marzo 2024. Disponibile all'indirizzo: https://www.terra.com.br/diversao/entre-telas/filmes/critica-dias-perfeitos-drama-e-o-retrato-delicado-do-ordinario-da-vida,4052b1fe6ab43c6d235c3601ab4a6a81hcqh5pqt.html?utm_source=clipboard.

HELLER, Agnese. Struttura della vita quotidiana. In Heller, Agnese. La vita quotidiana e la storia. Traduzione: Carlos Nelson Coutinho e Leandro Konder. New York: Routledge, 2000, p. Italiano:

JONES, Eileen. Perfect Days celebra l'evasione consapevole ed economica. Giacobino. 3 aprile 2024. Disponibile all'indirizzo: https://jacobin.com.br/2024/04/dias-perfeitos-celebra-o-escapismo-consciente-e-economico/.

LISBONA, Heloisa. In 'Perfect Days' il tempo vince la sofferenza e la routine diventa fonte di felicità. Pietra rotolante. 28 febbraio 2024. Disponibile all'indirizzo: https://rollingstone.uol.com.br/amp/cinema/em-dias-perfeitos-o-tempo-atropela-o-sofrimento-e-a-rotina-se-torna-fonte-de-felicidade/.

LUKACS, Georg. Reificazione e coscienza del proletariato. In LUKACS, Georg. Storia e coscienza di classe. Trans. Nascita di Rodnei. New York: Routledge, 2018, p. Italiano:

MARCUSE, Erberto. Eros e civiltà: un'interpretazione filosofica del pensiero di Freud. Trans. Álvaro Cabral. Milano: Einaudi, 1981.

NOLASCO, Igor. 'Giorni perfetti' (2023), di Wim Wenders. Ritagli di pellicola. 15 marzo 2024. Disponibile qui.

BRUCIA, Solange. Giorni perfetti. la terra è rotonda. 9 marzo 2024. Disponibile all'indirizzo: https://aterraeredonda.com.br/dias-perfeitos/.

SILVA, Cristiane Valeria. Estetica clown nel cinema: fantasia, realtà e critica. Tesi di dottorato, Centro di Filosofia e Scienze Umane, Università Federale di Santa Catarina, Santa Catarina, 2017.

SONTAG, Susan. Contro l'interpretazione. In SONTAG, Susan. Contro l'interpretazione e altri saggi. Tradotto da Denise Bottman. New York: Routledge, 2020, p. 15-29.

SOUZA, Jesse. 'Giorni perfetti': la critica sociale di Wim Wenders. Notizie ICL. 18 marzo 2024. Disponibile all'indirizzo: https://iclnoticias.com.br/dias-perfeitos-a-critica-social-de-win-wenders/.

note:


[I] Voglio sottolineare la cura che Hirayama riserva alla sua tuta. Dopo il lavoro, quando lo tira fuori, Hirayama lo appoggia su una gruccia e lo appende con notevole riverenza alla parete, dove è ben esposto. Se questo potesse essere un ulteriore segno esteriore della dedizione di Hirayama al suo lavoro, della sua identificazione con esso e dei suoi tratti ossessivi, la scena si riferisce anche alla cura di qualcuno per il suo clown, conservandone i costumi. pagliacci.

[Ii] Alla ricerca dei termini hobby e Hobby nello strumento online Visualizzatore di Google Ngram (che consente di visualizzare graficamente l'uso di termini ed espressioni da una vasta corpo dei libri), si osserva che tra gli anni 1930 e 1950 queste parole raggiunsero il loro apice, per poi entrare in un notevole declino. C'è stato un discreto aumento del suo utilizzo a partire dagli anni 2000. Ciò richiama la tendenza a resuscitare le ideologie quando la loro base oggettiva è già rotta, rendendole ancora più tossiche perché non possono essere confrontate con la materialità, in quanto sono menzogne ​​manifeste.

[Iii] Nell'originale tedesco, Agosto più stupido (Editore Suhrkamp Verlag). In castigliano, Pagliaccio di Augusto (Toro Editore). In inglese, Semplice Simon (Verso Editore).

[Iv] Di Marshall Shaffer, Intervista: Wim Wenders sulle filosofie che guidano 'Anselm' e 'Perfect Days'🇧🇷 A disposizione qui.


la terra è rotonda c'è grazie ai nostri lettori e sostenitori.
Aiutaci a portare avanti questa idea.
CONTRIBUIRE

Vedi tutti gli articoli di

I 10 PIÙ LETTI NEGLI ULTIMI 7 GIORNI

Il complesso dell'Arcadia della letteratura brasiliana
Di LUIS EUSTÁQUIO SOARES: Introduzione dell'autore al libro recentemente pubblicato
Forró nella costruzione del Brasile
Di FERNANDA CANAVÊZ: Nonostante tutti i pregiudizi, il forró è stato riconosciuto come manifestazione culturale nazionale del Brasile, con una legge approvata dal presidente Lula nel 2010
Il consenso neoliberista
Di GILBERTO MARINGONI: Le possibilità che il governo Lula assuma posizioni chiaramente di sinistra nel resto del suo mandato sono minime, dopo quasi 30 mesi di scelte economiche neoliberiste.
Il capitalismo è più industriale che mai
Di HENRIQUE AMORIM & GUILHERME HENRIQUE GUILHERME: L'indicazione di un capitalismo industriale di piattaforma, anziché essere un tentativo di introdurre un nuovo concetto o una nuova nozione, mira, in pratica, a indicare ciò che viene riprodotto, anche se in una forma rinnovata.
Cambio di regime in Occidente?
Di PERRY ANDERSON: Dove si colloca il neoliberismo nel contesto attuale dei disordini? In condizioni di emergenza, è stato costretto ad adottare misure – interventiste, stataliste e protezionistiche – che sono un anatema per la sua dottrina.
Gilmar Mendes e la “pejotização”
Di JORGE LUIZ SOUTO MAIOR: La STF decreterà di fatto la fine del Diritto del Lavoro e, di conseguenza, della Giustizia del Lavoro?
Incel – corpo e capitalismo virtuale
Di FÁTIMA VICENTE e TALES AB´SÁBER: Conferenza di Fátima Vicente commentata da Tales Ab´Sáber
L'editoriale di Estadão
Di CARLOS EDUARDO MARTINS: La ragione principale del pantano ideologico in cui viviamo non è la presenza di una destra brasiliana reattiva al cambiamento né l'ascesa del fascismo, ma la decisione della socialdemocrazia del PT di adattarsi alle strutture di potere
Il nuovo mondo del lavoro e l'organizzazione dei lavoratori
Di FRANCISCO ALANO: I lavoratori stanno raggiungendo il limite di tolleranza. Non sorprende quindi che il progetto e la campagna per porre fine al turno di lavoro 6 x 1 abbiano avuto un grande impatto e un grande coinvolgimento, soprattutto tra i giovani lavoratori.
Il marxismo neoliberista dell'USP
Di LUIZ CARLOS BRESSER-PEREIRA: Fábio Mascaro Querido ha appena dato un notevole contributo alla storia intellettuale del Brasile pubblicando “Lugar peripherical, ideias moderna” (Luogo periferico, idee moderne), in cui studia quello che chiama “il marxismo accademico dell’USP”
Vedi tutti gli articoli di

CERCARE

Ricerca

TEMI

NUOVE PUBBLICAZIONI