da Jean-Pierre Chauvin*
Incollato alla pandemia, il virus della brutalizzazione brasiliana non fa che aumentare. I governanti qui continuano a fare metafore stupide e irresponsabili, che mostrano che sono marionette della pseudo-democrazia delle armi ultraliberali degli Stati Uniti.
Lunedì 16 marzo 2020 d.C., intorno alle 14:XNUMX. Il citofono suona per la prima volta. Risposta: – Io Cibo! – Guarda, nessuno ha ordinato qui… [Interrompendo] – Parla! NON RIESCO A SENTIRVI! Ho chiuso la telefonata. Nel giro di dieci, quindici minuti, il giovane ha suonato al citofono quattro, cinque volte. Su uno di essi appoggiò a lungo il dito.
Mercoledì 18 marzo 2020 d.C., intorno alle 11:XNUMX. Nel mercato espresso passo alcune persone, tra queste una signora che sembra voler iniziare una conversazione con un altro cliente sulla mancanza di brevetti su alcuni articoli, soprattutto alcolici. Pochi minuti dopo, la creatura abbandona il carrello carico di merci, bloccando lo stretto corridoio che conduce all'unica cassa aperta. Ho contato fino a dieci, intorno, ho spostato il carrello di lato e ho continuato. Quando l'operatore ebbe passato metà dei prodotti, la signora riapparve e borbottò qualcosa che io interpretai come “neanche aspettare…”.
Qualcuno dirà che si tratta di casi “isolati” e che questo racconto suona esagerato e personalistico. Cabotinismo a parte, non si tratta di un caso isolato. Incollato alla pandemia, il virus della brutalizzazione brasiliana non fa che aumentare. E poiché i governanti dell'isola di Vera Cruz continuano a fare metafore stupide e irresponsabili – che mostrano di essere burattini della pseudo-democrazia ultraliberale delle armi degli Stati Uniti – mi do il diritto di rischiare anche le immagini.
Lettore, lettore, non preoccuparti. né stenderò la mia mano; non serve nemmeno manifestarsi in post di sostegno (tanto meno ripudio mitomane) subito sotto queste righe. Rimango autoisolato, dal fine settimana, in un appartamento finanziato di 52 metri quadri, in un quartiere semplice, probabilmente grazie al “riconoscimento” e alla “giusta” remunerazione degli insegnanti, secondo i media datoriali/aziendali del Paese, riverberando il ruggiti e ideologie (fingendo non ideologiche) di non educatori – elevati a posizioni, in teoria, strategiche.
Ho detto "strategico"? Perdonami. Strategie finalizzate al benessere sociale e al rispetto dello stato di diritto democratico sono due cose che sono sempre mancate nel risorse umane colonizzato – soprattutto a partire dalla temeraria epoca post golpe parlamentare –, che ha fatto del risentimento e della malafede dei principi, della sfacciataggine e della stupidità dei metodi, della mancanza di scopo il “programma” del “governo”. Se questa fosse una fattoria con pochi proprietari (forse lo è ancora, chissà?), alcuni degli esseri che malgovernano il paese sarebbero spaventapasseri peggiori: fanno paura perché si fingono persone e come il popolo brasiliano.
In mezzo al caos mondiale e alla guerra della disinformazione, c'è qualcosa a cui ho pensato da quando il coronavirus ha superato lo status di sintomo influenzale e ha iniziato a uccidere senza pietà. Quando le signore e i signori del mondo hanno provato compassione o hanno esercitato pietà? I controesempi persistono, schermati da credenze, difetti cognitivi e caratteriali, diffondendo virus e imponendo contingenze materiali. Con discorsi in Economês, pseudo-esperti bruciano riserve miliardarie, perché, diciamocelo, la politica monetaria conta molto più della salute pubblica.
Su Internet, molti editorialisti suggeriscono, ottimisticamente, che la pandemia insegnerà all'umanità a essere persone, poiché il virus aggirerà il capitale speculativo. ne dubito un po'. Una volta trovato il vaccino, i restanti cosiddetti esseri umani torneranno con appetiti ancora maggiori alla concentrazione del reddito e all'illogicità consumistica. In nome della modernizzazione biotecnologica, ripeteranno vecchie abitudini con raddoppiata forza ed egoismo, secondo il presupposto che "il mondo è dei furbi", nelle loro varianti di autoaiuto: "il mercato è competitivo", "non t rinunciare ai tuoi sogni" e "chi vuole arrivarci”.
Nel caso Vostra Signoria fosse ancora in giro, grazie, vorrei consigliarvi tre letture che, credetemi, possono chiarire un po' cosa c'è dietro i mali neoliberisti. In profitto o persone (Bertrand Brasil), Noam Chomsky racconta la storia del Washington Consensus, tenutosi nel 1989 (sì, la stessa data in cui cadde il muro di Berlino e vinse il vecchio Arpanet, una rete informatica che apparteneva all'intelligence statunitense, per “incuria” mondo), quando un pugno di sudditi rafforzò l'impostura del mercato contro l'“intervento” dello Stato.
Le conseguenze del neoliberismo, disastrose per quasi tutti i mega-individui, continuano. Per questo, i proprietari di denaro hanno reinventato le parole, unito i prefissi greco-latini (neo, iper, ultra), come ornamento. Questi e altri travestimenti falliti furono sezionati da Byung-Chul Ham in Psicopolitica (Aine). Se me lo permetti, ti consiglio anche la lettura reinvenzione dell'intimità (Ubu) di Christian Dunker, con attenzione ai capitoli “Il paradosso morale dell'operaio brasiliano”, “La cultura dell'indifferenza”, “La malattia mentale nella politica”, e in particolare “Il neoliberismo ei suoi normalopatici”.
Spiegano molto meglio ciò che è delineato in questa pseudocronaca.
Questa terra di nessuno, questa grande miniera, questa cattiva gestione... Questo qui non è nemmeno iniziato ed è finito.
Occuparsi.
* Jean-Pierre Chauvin è professore presso la School of Communications and Arts dell'USP.